Ma quanti racconti, quanti film, quante avventure abbiamo visto e ascoltato di cavalieri che combattono contro i malefici draghi. Alla fine facevamo il tifo per l’eroico combattente che sconfiggeva, a suon di colpi di spada, l’enorme creatura che tentava di bruciarlo con la sua ardente fiamma.
L’origine dei draghi si perde nei meandri della storia dell’uomo: infatti compaiono nelle leggende di popoli del passato, europei ed orientali, ma con concezione completamente differente. Terribili e malefici per i primi, buoni e portatori di benefici per i secondi.
Nel Medioevo, il drago era descritto come una bestia mitologica a volte come mostro alato con artigli, ali e coda di serpente, altre volte come pitone in connotazioni fantastiche. Era simbolo delle forze del male, del peccato, dell’eresia, passando poi nel simbolismo ebraico e cristiano come portatore di poteri malefici e demoniaci.
Il drago compare in molti poemi epici medievali. Un racconto della tradizione celtica accenna alla lotta di due draghi: il drago rosso (simbolo dei Britanni) e il drago bianco (simbolo dei Sassoni). Il re Artù avrebbe vinto il drago bianco e liberato quello rosso. Ma avete letto la storia di Sigfrido, eroe tanto decantato nel “Canto dei Nibelunghi” ? Affrontò e uccise un drago e, bagnandosi col suo sangue divenne invulnerabile, tranne in un punto, dove gli si era posata una foglia di tiglio.
Ma col passare del tempo queste creature mitologiche hanno assunto ruoli con caratteristiche pian piano differenti. Chi si ricorda di Fumè e suo figlio Grisù? I meno giovani ricorderanno il bellissimo cartone animato disegnato dai fratelli Pagot, dove il padre, orgoglioso e fiero di essere drago amante del fuoco, si disperava con il suo adorato draghetto Grisù che disonorava la tradizione di famiglia perchè voleva fare il pompiere. Poi siamo passati ai “Dragons”, serie di cartoni dove i draghi, esseri considerati molto pericolosi dai vichinghi, grazie al figlio del re, si scopre essere creature che, se trattate bene, possono essere d’aiuto nelle occasioni difficili.
Vi chiederete perchè di questo trattato sui draghi? Cosa può importare ora la loro storia? Ebbene, anche noi italiani, che dai tempi dei romani, passando per il medioevo, il rinascimento, il risorgimento, l’unità, le guerre, la ricostruzione, non avevamo ancora scritto dei draghi, ora (e per fortuna) possiamo tirare fuori il nostro e, oserei dire, con orgoglio.
Si chiama Mario, si, quel Mario Draghi che dai tempi della Banca d’Italia, nel lontano 2005 e con la nomina a presidente della Banca Centrale Europea nel 2011, ha sempre vegliato sul nostro paese e sulla nostra economia. Nel 2019 ha passato il testimone a Christine Lagarde, economista francese, che ha avuto la capacità, con mezza frase, di fare peggio del crollo della Leman Brothers nel 2008.
Ci sono rimasti due baluardi in Italia, strenui difensori degli italiani, fieri combattenti che godono di stima e rispetto internazionale: due presidenti che quando si tratta di scendere in battaglia, lo fanno con il coraggio, l’ardore e l’esperienza frutto di tanti anni passati e vissuti in trincea. Il nostro Sergio Mattarella, primo cavaliere, che ieri abbiamo avuto la fortuna ed il piacere di vedere, oltre che in veste istituzionale, grazie ad un fuori onda, come uno di noi. E poi c’è Draghi, il nostro drago benefico, stile concezione orientale, che per noi sarà sempre il presidente della BCE.
I due hanno tuonato! Mattarella con il suo aplomb, la sua saggezza, la sua rispettabile, severa fermezza. Draghi con il suo fare accademico, esperto politico, saggio economista, conoscitore delle dinamiche europee e non solo.
In una situazione di emergenza non è possibile prendere decisioni in tempi lunghi e se c’è da rimboccarsi le maniche, occorre farlo. Il popolo italiano è stato aiutato ed ha aiutato. Dai tempi della seconda guerra mondiale ha saputo rialzare la testa anche grazie agli aiuti del piano Marshall, ma poi, all’inizio del boom economico, è sempre stato protagonista nella storia dell’Unione Europea, a partire dai primi trattati del 1951 quando venne costituita la CECA (Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio). L’Italia è stata fin da allora protagonista nelle vicende di aggregazione europea, convinta europeista, forte contributrice al bilancio dell’unione. Rappresenta la seconda potenza manifatturiera del continente e, assieme alla Francia e alla Germania superano la metà del prodotto interno lordo Europeo.
In passato altre nazioni, tra cui la Germania ai tempi dell’unificazione, hanno avuto bisogno di aiuto e l’Europa, l’Italia, ci sono sempre stati. Adesso siamo in difficoltà. Questo maledetto Covid 19, conosciuto dai comuni mortali come coronavirus, ci ha pugnalato alle spalle e noi, con le nostre forze, con le nostre armi, ci siamo dovuti difendere, perdendo molte battaglie. Ma dobbiamo vincere la guerra! Ci sono i soldati (medici e infermieri) a combattere in trincea, stanchi e stremati, ma tenaci e testardi.
Eppoi ci sono loro, Mattarella e Draghi, che combattono “ad alti livelli”, contro chi non vuol sentire, solo perchè fino ad ora è stato meno toccato dal problema e perchè si sente economicamente più forte. Serve liquidità, ha tuonato Draghi, e serve ora, da sparare con un bazooka e con tutta la potenza possibile. Servono gli Eurobond, o Coronabond (così sono stati ribattezzati), affinché ci si doti di uno strumento che dia linfa ai singoli stati, che rimangono i debitori, ma con una garanzia Europea. È l’Europa che deve aiutare, che si deve fare scudo per venire incontro a chi è in difficoltà. E’ vero, tra bere e affogare, meglio bere adesso e cercare comunque di non affogare dopo, ma l’unione Europea è nata per uno scopo comune, e non per dividere o, come si è paventato dopo la crisi del 2008, andare a due velocità. Questa è una sfida di tutti!
Qualcuno avrebbe da ridire sui lauti contributi che il nostro paese da all’Europa; siamo i terzi per entità di quota pagata. Adesso è giunta l’ora che il nostro Draghi faccia comprendere al popolo di Sigfrido, che sconfisse il drago, che i tempi sono cambiati e non si può pretendere solo di ricevere senza dare, di accumulare e non curarsi degli altri, in una comunità. Essere i primi della classe non sempre significa essere i più bravi. Forse i più virtuosi, ma la storia è piena di vicende che hanno cambiato il corso della stessa.
Italia contro Germania, Draghi e Mattarella contro Lagard (anche se francese) e Merkel: fate attenzione perchè adesso o si fa l’Europa o si sfascia.