E’ incredibile: uno starnuto in Cina ha influenzato il petrolio. Pensate che potenza ha un microscopico organismo parassita che vive sulle spalle degli altri. Non solo si è impadronito del mondo che ci circonda, ma è talmente forte che ha messo in ginocchio tutti i potenti della terra e li ha costretti a fare i conti con un nemico esagerato ed irriverente. “Non ragioniam di loro, ma guarda e passa”, sembrerebbe dire il generale Covid, al suo microscopico esercito di minuscoli replicanti che attaccano, senza far rumore e infischiandosene delle conseguenze, il malcapitato inconsapevole.
Ma ad essere attaccato è il mondo, con tutta la sua complessità, le sue connessioni, i suoi interessi, la sua vita. Un intero sistema barcolla e mostra sempre più la propria vulnerabilità, causata soprattutto da un ordine sparso nell’affrontare le cose da parte dei vari governanti, piuttosto che dallo spregevole mutante approfittatore. E’ la mancanza di coesione, di comunanza di intenti, di visione globale dei potenti della terra che favorisce la tattica dell’invisibile combattente, il quale punta sull’indecisione di coloro che si presentano come alleati, ma che in fondo guardano prima al proprio interesse.
E come se non bastasse, succede che si presentano, e ne approfittano, gli speculatori di turno, che aspettano solo di fare affari facendo leva sulle disgrazie altrui. Forse sciacalli sarebbe il termine più appropriato, perchè attendono il momento migliore della crisi per arricchirsi e rimpinguare i propri portafogli. Tutto questo a scapito di chi è in difficoltà, come i piccoli risparmiatori che, dopo una vita di sacrifici, vedono erodere i propri risparmi per via delle manovre messe in atto dagli aguzzini finanziari.
Martedì è successo qualcosa di inconcepibile: il prezzo del petrolio WTI (quello americano, per intenderci), ha raggiunto quotazioni strabilianti, inimmaginabili anche per le menti più fantasiose. Meno 37 dollari la quotazione del barile, ossia un prezzo negativo che ha lasciato di stucco il globo intero. Chissà quanta gente, anche in maniera inconsapevole, detentrice di fondi che investono in materie prime, hanno visto volatilizzare in un solo giorno, gran parte del loro piccolo patrimonio.
C’è da chiedersi cosa centriamo noi con il petrolio? Apparentemente nulla, verrebbe da pensare: ma ne siamo proprio sicuri?
Stando agli ultimi dati, negli Stati Uniti i sussidi di disoccupazione sono in aumento, la locomotiva economica mondiale ha rallentato paurosamente, tanto da far presagire un mostruoso calo del 34% del prodotto interno lordo nei primi sei mesi dell’anno. Il petrolio è rimasto nei depositi di stoccaggio, costringendo le società di produzione a sostenere costi di magazzinaggio e ad esaurire gli spazi per stoccare il prodotto invenduto, tanto da ritenere più vantaggioso vendere sotto costo. No, non c’è molto da capire, se non il fatto che il coronavirus è riuscito a mettere in ginocchio anche i potenti produttori di petrolio. Sono le conseguenze di un mondo globalizzato.
Ma il vero dramma è che tutto questo non è altro che la testimonianza del fatto che l’economia tutta, mai come ora, ha subito una frenata talmente pericolosa da far vacillare anche i più ottimisti. Pensiamo al petrolio come qualcosa che non ci riguarda, se non per il prezzo del carburante, ma non è affatto così. La sua drammatica discesa fa presagire un futuro, almeno nell’immediato, irto di difficoltà anche nelle nostre piccole realtà. Bar, ristoranti, pizzerie, alberghi, piccole attività commerciali, sono destinati, temo, a soffrire ancora per un pò e questo non solo per ciò che si percepisce dalla paura della gente, ma perchè se un gigante come gli Stati Uniti teme che l’attuale crisi è da paragonare a quella economica del ’29, allora il segnale non è dei migliori.
C’è bisogno di una sferzata, di uno shock. Una cosa può darci la forza di rialzarci e guardare avanti, oltre all’orgoglio: è la nostra creatività, che da sempre ci ha contraddistinto come nazione nel mondo. Ora è il momento di spremere le meningi, guardando cosa succede nel mondo per anticipare i tempi e partire nel nostro piccolo. Non dobbiamo solo leccarci le ferite, ma pensare più velocemente degli altri e imparare a nuotare nel mare in tempesta. Trovatemi un’altra nazione, oltre all’Italia, che si può permettere di avere la Ferrari e l’industria della moda che convertono parte dei loro impianti per produrre mascherine o attrezzature per i respiratori.
Non sarà uno starnuto a far finire il mondo: ci vuole ben altro!